Certo che quando, a metà degli anni 60, nacque la comunità il clima politico-culturale era ricco di conquiste e più ancora di attese.
Un clima, come dicono i giovani di oggi, “magico”.
Una proposta “magica” nel settore del disagio
Nel 1998 Don Angelo ha pubblicato per i tipi della Cittadelle Editrice, LA LOGICA DELL’UTOPIA. QUANDO NACQUE LA COMUNITÀ DI CAPODARCO: è la storia di quei primi cinque anni (196-971), nei quali lui non c’era; ma si è puntualmente documentato, gasando ulteriormente il suo entusiasmo per Capodarco.
Il libro ha riscosso molti consensi. Eccezione: Francesco Santanera, che in quegli anni fu un personaggio notevolissimo nella lotta al disagio, ma al quale, in questo caso, furono sufficienti alcune imprecisioni documentarie sul suo marginalissimo contributo a quella storia, reperibili qua e à nel volumetto, per lanciarsi in una crociata contro don Angelo toni esasperati e dai risultati minimi.
Così il racconto di quella storia veniva introdotto:
Quello splendido primo gruppetto: tutti handicappati gravi. Sobillati da un prete. In polemica aspra con la pubblica burocrazia secondo la quale un handicappato ventenne è a posto; una volta che l’ASL gli abbia assicurato (bontà sua) due ore di assistenza a giorni alterni. In polemica appassionata con il dolorismo pseudocristiano, secondo il quale ‘un handicappato ventenne è autorizzato, o forse obbligato, ad offrire la, sua sofferen-za per la salvezza del mondo.
Autentici pionieri.
“Ve lo facciamo vedere noi!”
Cominciamo col cancellare la direzione. Ve lo facciamo vedere noi! “La logica dell’utopia” racconta quella strepitosa presunzione.
Autogestione, condivisione: sul ritmo di queste due parole magiche Capodarco s’è moltiplicata. Le interpretazioni, che ne sono state date sono diverse, ma il loro valore sostanziale è rimasto lo stesso.
Capodarco non ha mai usato il letto di Procuste, dove chi è troppo alto ‘iene amputato e i tappetti vengono stirati per le estremità finché non raggiungano la misura standard.
All’interno dello stesso stile di lotta contro l’emarginazione le variabili possibili possono e debbono essere molte. L’ideale assoluto della condivisione diventa la realtà della CONSIVISIONE POSSIBILE.
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Il livello che decide è sempre quello. culturale. Come mai un handicappato diventa tanto spesso un emarginato? La risposta è paurosamente ovvia:. perché vive dentro una cultura nella quale operano parametri che i disabili li tagliano fuori. Il razzismo nega la bellezza del diverso. I giudizi razionali e senza amore sventagliano raffiche di mitra sui ‘”on normali”. Secondo i dettami dell’efficientismo, chi per colpa della carrozzina non è in grado di produrre al 100% è bene che stia a letto fino a pranzo e, dopo pranzo, vada a corteggiare la cassiera del bar’più vicino.
Il pietismo delle Partite del cuore: undici cantanti e undici attori, due delle categorie potenzialmente più a rischio di interiore povertà, in mutande per promuovere la” solidarietà. Sudano e dànno da vedere che ci credono sul serio.
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Se non seminiamo germi culturali nuovi, non andiamo da nessuna parte.
Non siamo dei genialoidi. Siamo nel cuore della vita, e siamo anche una sponda di riflessione preziosa per la società e per la Chiesa.
In un clima politico/culturale “magico” sul piano nazionale
Negli anni in cui nasce la Comunità di Capodarco l’Italia progressista è in ebollizione.
All’inizio degli anni sessanta si registra una forte ripresa dei conflitti operai a causa delle sperequazioni (fra uomini e donne, fra impiegati e operai), a causa della pesantezza degli orari di lavoro, di sordità del mondo imprenditoriale, tutto preso dall’innovazione tecnologica e dalla rigida razionalizzazione dei processi produttivi.
Un soggetto nuovo si affaccia alla ribalta politica: lo studente.
L’emigrazione interna (dalle campagne alle città e dal Sud verso il Nord) spopola paesi interi e causa sofferenze inenarrabili e squilibri profondi.
Persistono sottoccupazione cronica e miseria.
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Nel 1960 Fernando Tambroni, DC marchigiano, cercò di formare un governo con l’appoggio esterno della Destra monarchica e missina. Il MSI in compenso ottenne di poter celebrare il suo Congresso Nazionale a Genova, città di forti tradizioni anti-fasciste, medaglia d’oro della Resistenza: da Genova la sommossa si estese ad altre città d’Italia e divenne una vera e propria rivolta antifascista, con morti e manifestazioni grandiose da parte di tutti i partiti dell’arco costituzionale, compresi il centro e la sinistra DC. Sulla scorta di questi avvenimenti nella DC gli orientamenti cambiarono.
Nel 1962 prese corpo il governo monocolore DC-PSDI-PRI, presieduto da Fanfani e garantito dall’astensione del PSI nel momento in cui venivano votate le leggi. Leggi importanti: l’istituzione della scuola media unificata, la nazionalizzazione delle industrie elettriche, l’istituzione della cedolare d’acconto. Il PCI rimaneva fuori. Non era ancora il centro sinistra organico.
“Organico” il centro-sinistra lo divenne con il primo Governo Moro: l’attiva partecipazione dei Socialisti, con Nenni Vicepresidente del Consiglio, dette vita al Quadripartito : DC, PSI, PSDI e PRI.
Fu un momento magico soprattutto per chi aveva fortemente sofferto che i poveri per ottenere giustizia dovessero appoggiarsi a partiti (PCI, PSI) ufficialmente atei, addirittura scomunicati da Pio XII nel 1949, e da noi, essi assommavano a circa il 70% della popolazione!
Le grandi speranze riposte nel Centrosinistra vennero presto disilluse, almeno in parte consistente; un buon rilancio si ebbe con Rumor, nel 1970, sotto la spinta del 68 e delle forti agitazioni sindacali (l’autunno caldo del 69). Poi tutto annegò nella strategia della tensione:
Un colpo di reni fu il 1976, con l’esperienza dei governi di solidarietà nazionale con il progressivo coinvolgimento del PCI nelle maggioranze parlamentari: fu il cosiddetto compromesso storico, un progetto di altissimo profilo contro il quale si scatenarono le forze della reazione, anche quella moderata.
Ma la speranza giovane e ingenua che aveva segnato i primi anni 60 non tornò più.
In un clima politico/culturale “magico” sul piano mondiale
I primi anni 50 videro, lunga e sanguinosa, la guerra di Corea, che la II guerra mondiale aveva lasciato artificialmente divisa in due, Corea del Nord, a regime comunista filosovietico, sopra il 38° parallelo, Corea del Sud a regime filoamericano, al di sotto di quella artificiale divisione.
1950 i nordcoreani varcano il fatidico parallelo verso sud, gli USA intervengono in forze, penetrando a loro volta nel nord; l’Urss appoggia il governo nord-coreano, sia senza intervenire, la Cina intervenne pesantemente nei combattimenti. La guerra, lunga e sanguinosa, si concluse nel 1953 con un compromesso rancoroso, che confermava la divisione in due stati della penisola coreana.
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Finita la Guerra di Corea, i rapporti fra il blocco USA – Patto Atlantico e URSS – Patto di Varsavia presero un andamento meno conflittuale; si aprì il periodo della distensione, cui subentrò la fase della coesistenza pacifica, caratterizzata dalla ricerca di soluzioni pacifiche ai problemi internazionali. Più che pace, era “equilbrio del terrore”, basato sulla consapevolezza che, per la presenza di testate nucleari in grado di colpire qualsiasi angolo del mondo, un diverso atteggiamento avrebbe messo a rischio la vita stessa del pianeta.
Sullo sfondo di questo paesaggio inquietante, quasi per il tocco di un’invisibile Fata Benefica, venne a formarsi un terzetto sul quale pare potessero riprendere fiato le speranze del mondo: Chruscev, Kennedy e Papa Giovanni. In URSS era morto Stalin, nel 1953 e, subornati dai vari Partiti Comunisti, tutti i poveri del mondo lo avevano pianto come “Il piccolo Padre”. Ma nel 1956, al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico, il “rapporto segreto “ (immediatamente conosciuto in tutto il mondo) di Nikita Chruscev, Segretario del PCUS , denunciò le criminose epurazioni di dirigenti di partito, compiute da Stalin dopo il 1934, le profonde divergenze tra Stalin e Lenin, il “culto della personalità” sapientemente orchestrato dal dittatore a proprio vantaggio, i suoi errori nella conduzione della guerra contro la Germania: erano solo alcuni dei crimini effettivamente perpetrati da Stalin, ma lo shock dei delegati al Congresso, sia Russi che provenienti da molti altri paesi, fu enorme. Nel cosiddetto Socialismo Reale dell’Est europeo le scosse di terremoto non sarebbero più finite, fino al crollo del 1989.
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L’iniziativa di Chruscev fu accolta positivamente dagli Stati Uniti, dove nel 1960 era stato eletto presidente il democratico John Fitzgerald Kennedy, quarantenne, il primo cattolico alla Guid degli USA.
Era la politica della Nuova Frontiera, che non ottenne grandi risultati concreti, anche perché John Frigerald Kennedy venne assassinato a Dallas nel 1963, ma ebbe il merito di riavvicinare alla politica una massa enorme di gente, soprattutto giovane.
Sul piano interno, decisive furono le sue riforme, soprattutto nel campo dei diritti civili, a cominciare dalla fine della discriminazione dei Neri.
Sul piano internazionale, quella politica che lui stesso chiamò “La Nuova Frontiera”, puntò al dialogo con l’URSS, favorì l’emancipazione dei paesi ex coloniali, propose un’immagine degli Stati Uniti come grande paese democratico che meritava in pieno la leadership del cammino dei popoli verso il progresso, la libertà e la pace di tutta l’umanità.
Sul piano della vita sessuale personale, pare proprio che fosse una specie di mandrillo in doppiopetto, ma ciononostante in tutto il mondo la sua memoria politica rimane in benedizione.
Il terzo grande protagonista della distensione di quel momento internazionale politicamente e culturalmente “magico” fu Papa Giovanni XXIII.
il vecchio “Parroco del mondo” che, grazie ad un provvidenziale caso di strabismo collettivo, il Conclave del 1958 elesse Papa.
Sul piano concreto il più grande contributo di Giovanni XXIII al processo della distensione fu quello che egli dette alla soluzione della crisi di Cuba (autunno 1962): nell’isola, in seguito alla vittoriosa rivoluzione guidata nel 1959 da Fidel Castro (1926) contro il corrotto regime di Fulgencio Batista, si era affermato un regime di orientamento socialista che si era avvicinato all’Urss: nel 1962, essendo venuto a conoscenza dell’installazione a Cuba di missili sovietici, in grado di colpire obiettivi americani, Kennedy decretò il blocco navale dell’isola. Per alcuni giorni il mondo visse sull’orlo di un conflitto nucleare, poi la buona volontà dei tre prevalse.
Ma enormemente più importante fu il contributo che Papa Giovanni dette sul piano teorico, più esattamente nell’atteggiamento globale che con lui la Chiesa assunse nei confronti del mondo. Giovanni insegnò la distinzione fra errore ed errante e l’impossibilità di valutare correttamente una ideologia se si prescinde dal movimento storico concreto e in continua evoluzione, che da quell’affermazione ideologica è nato.
Giovanni fece entrare nel Magistero della Chiesa i grandi temi d’interesse civile, primi fa tutti quello della pace e del progresso. Infine (“infine”!!) convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II.
La coesistenza pacifica resse i rapporti internazionali per tutti gli anni sessanta, anche se non mancarono momenti di alta tensione come, come la crisi di Berlino, provocata dalla decisione della Germania orientale di costruire un muro che divideva in due parti la città, per impedire ai berlinesi orientali di emigrare a Ovest.
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In questo clima complessivo, a Capodarco lavoravano alla messa a punto del progetto di Comunità due “Intellettuali Cattolici di Servizio”; la figura dell’intellettuale di servizio è la traduzione sul piano della prassi ecclesiale della figura dell’intellettuale organico, figura tipicamente marxista: nell’un caso e nell’altro sono teste ben funzionanti che lavorano in rapporto STRUTTURALE, come la realtà nella quale sono impegnati, rispettivamente la lotta di classe e la crescita della Chiesa.
I nostri intellettuali organici furono Don Franco Monterubbianesi e Dionisio Pinna.
Don Franco Monterubbianesi, ex “scandaloso” docente di Filosofia al Seminario Maggiore di Fermo ed ex “scandaloso” insegnante di religione all’Istituto Tecnico Montani (dove suo padre era bidello), è il fondatore della Comunità di Capodarco
Dionisio Pinna, sociologo, dal di dentro della Comunità sfornò analisi acute e idee entusiasmanti. Presto però si trasferì a Sestu, nei pressi di Cagliari, dove dette vita ad un suo personale gruppo d’impegno religioso e politico: piccolo, ma molto vivace.